mercoledì, settembre 22, 2010

Cosa succederebbe se decidessi di innamorarmi di te senza amarti davvero?
Forse avrei una vita razionalmente felice, forse avrei tutto quello che voglio, o almeno tutto quello che saresti in grado di darmi. Ci vedremmo nei week-end, andremmo al mare, ai concerti, cene con gli amici, mi porteresti a conoscere i tuoi e poi si comincerebbe a parlare di andare a convivere, e dopo uno e due anni di serena ma piatta convivenza mi chiederesti di sposarti, ti direi razionalmente di sì, perché sarebbe giusto così e perché in questo modo potrei avere una bella festa di matrimonio, una luna di miele, una casa, una famiglia, figli. E andremmo avanti così fra famiglia, amici in comune, uscite che poi diventerebbero routinarie.

 Ma è questo l’amore? Scegliere razionalmente chi è giusto per noi, volere a tutti i costi realizzarsi da soli dando poca importanza alla scelta della persona che ci deve stare a fianco nella vita? Pretendere amore ma non darlo? O forse bisogna pretendere la passione? Forse bisogna pretendere da se stessi una sincerità irrazionale e scegliere a scapito di cosa è più semplice, più comodo, più alla portata, più veloce?

Una volta una persona mi ha detto: io non voglio sopravvivere in questa vita, voglio Vivere.
Cosa voglia dire “vivere” poi sta ad ognuno di noi deciderlo, bisogna solo spogliarsi di tutte le convenzioni, di tutti gli stimoli sociali, famigliari, e scavare dentro. Tutti noi sappiamo cosa vogliamo davvero, solo che spesso è difficile ammetterlo.

martedì, settembre 14, 2010

TANGO DE AMOR



Sono solo loro due nella stanza. E' domenica. Una domenica d'estate. Fuori fa caldo. L'unico rumore che arriva dalla finestra è quello delle cicale. L'unico movimento è quello di una pala che cerca di rinfrescare l'aria.
L'uomo è steso sul divano. La donna sul letto.
Poi succede qualcosa. Nello stesso istante l'uomo e la donna pensano alla stessa cosa e d'istinto si guardano. Si capiscono subito e sorridono. L'uomo si alza. La musica parte.
"Vuelvo al sur...como se vuelve siempre al amor..."
I due corpi si avvicinano. Si appoggiano l'uno all'altra e cominciano a muoversi. La donna ascolta i movimenti dell'uomo e si fa guidare. L'uomo la guida con decisione ma facendo quello che è giusto per entrambi.
Le gambe si intrecciano, i corpi si toccano, scivolano, i visi si sfiorano, le mani sostengono, lo sguardo guida.
In questo tango dell'amore la coppia balla in sincronia, con passione, con forza e decisione.
I due in questo momento non stanno pensando a nient'altro, non vorrebbero essere in nessun'altro posto, sanno che nessun'altra persona è migliore di quella che hanno di fronte a sè. Tutto quello che vogliono è in quell'istante, in quella stanza, in quella musica.
La loro complicità li rende eterni.
"Quiero el sur....siento el sur, como tu cuerpo en la intimidad...te quiero sur..."




martedì, agosto 17, 2010

MOMENTI

C'è un momento per ogni cosa.
Un momento per immaginare e uno per vivere quello che avevi sempre sognato di fare.
Un momento per stare solo e uno in cui ti accorgi che solo non puoi più stare.
Un momento per essere euforico dell'istante che stai vivendo e uno per riflettere su quello che vuoi per il tuo futuro.
Un momento per divertirti e uno per crescere e un altro ancora per renderti conto che ti puoi divertire crescendo.
Un momento in cui tutto è leggero, e in cui pensi che le cose pesanti sono davvero insostenibili per te, e uno in cui capisci che la chiave di tutto non è fuori, sotto i tuoi occhi, ma dentro, nella tua pancia.
Bisogna solo crederci, credere di essere più forti di quello che sta là fuori e avere il coraggio di vivere delle piccole cose.
Bisogna imparare a vedere le cose in modo leggero, perchè in realtà non esistono cose pesanti, ma piuttosto modi pesanti di vivere le cose.
Questo me l'hai insegnato tu;-)

mercoledì, agosto 11, 2010

Fra le tante qualità che hai, ce n'è una a cui non so dare un nome. Il fatto è che sei in grado di riempire lo spazio che c'è intorno a te. E questo succede in una stanza, per strada, a piedi, in macchina, per telefono. La tua voglia di scoprire, di capire, di vivere, di guardare, ti rende presente al 100 per 100 in un posto. Quello che c'è intorno a te è un grande schermo o libro che tu hai voglia di divorare ma da cui non ti fai influenzare. Osservi, ma senza vergogna, vivi, ma senza pensare alle conseguenze. L'esatto opposto di quello che succede a me che spesso, credo, sfioro il mondo e vorrei guardarlo senza che lui vedesse me.
Una di queste sere passate ho capito questo, come se in questa stessa casa tu fossi presente e io no. Come se tu non avessi realmente paura di esserci e io forse un po' sì.
Questa, che è casa mia, ma che non sempre è piena di me.

sabato, luglio 10, 2010

Il condizionatore sbuffa, in questa calda e umida estate.
E non posso fare a meno di pensare che l'uomo che l'ha montato oggi è morto. Guidava il suo furgone del lavoro e poi è finito fuori strada ed è morto. Era giovane e doveva fare ancora molte cose: festeggiare molti compleanni, fare viaggi, montare altri condizionatori, andare in pensione, diventare nonno, stare un po' a casa a riposarsi. E invece no. In una calda estate di luglio è morto.

E nel frattempo Eddie scavava per scovare chissà quale animaletto e una spiga andava a infilarsi nel suo orecchio.
Cavolo... e adesso?
Veterinaria!
Bella ed entusiasmante sorpresa per Eddie: la veterinaria ha una cagnetta in calore. E chissenefrega della spiga adesso! Annusa, lecca, tenta anche un approccio spudorato davanti a tutti. Eh no! Ci manca solo che diventi padre...
E togliamo la spiga: tu tienilo davanti, tu dietro e io la tolgo. E che caldo, Eddie fermo! I peli volano a destra e sinistra, lui non vuole e si agita, ma alla fine, dopo una bella sudata, vinciamo noi: la spiga è fuori!
Che trambusto. Eddie è frastornato, fra la cagnetta che quasi ci stava e la storia della spiga, è stata una giornata piena di emozioni.

E intanto mi viene da ridere pensando a mio papà che va in macchina con i cani dietro, il portellone si apre e Omero si ritrova in mezzo alla strada, si guarda intorno e non capisce cos'è successo...

Mi viene da pensare che la vita spesso sta in bilico fra la fortuna e la sfiga più sfacciata (perdonate il termine), che spesso siamo attori di una tragicommedia, che fra il riso e il pianto c'è poca differenza, che spesso siamo buffi, impacciati, sbadati, per niente perfetti.
E da esseri imperfetti quali siamo, ridiamo e piangiamo nello stesso giorno, nello stesso momento.
Magari un attimo prima di morire l'ex-collega di mio papà che mi ha montato il condizionatore stava ridendo di qualcosa o magari prima di uscire col furgone ha fatto una battuta al suo collega e giù tutti a ridere! E chi se lo aspetta di non arrivare vivi all'ora di cena! C'è un qualcosa di assurdamente tragico in tutto questo, tanto assurdo da sembrare una beffa, uno scherzo.
E Eddie con questo male all'orecchio, il sangue che un po' gli usciva però non la smetteva di leccare la cagna che era lì a portata di mano. E Omero in mezzo alla strada che se passava una macchina o se ce n'era una dietro lo prendeva sotto, si ma perchè per sbaglio il portellone si era aperto...
Già, per uno sbaglio, per una distrazione, per caso...

P.s. non ti conoscevo molto bene Claudio, ma grazie per il condizionatore.

venerdì, luglio 02, 2010

Ieri ho legato i pomodori.
Sì perchè quando la pianta di pomodori cresce diventa anche pesante e i rami vanno giù di lato. Allora bisogna tirarli su e legarli ad un bastone al centro.
Finita l'operazione ero abbastanza soddisfatta, per essere la prima volta... Le piantine stavano
abbastanza dritte.
Poi ho tolto delle erbacce che c'erano lì intorno tra le zucchine, l'insalata e i pomodori, appunto.
Risultato: le mani tutte verdi e marroni, foglie e terra. Però la soddisfazione che ti da il lavoro manuale con la terra, che magari impari a fare da solo, per istinto e non sui libri, è impagabile. Sì perchè l'uomo ha imparato a seminare con l'istinto no? O al massimo per tradizione.
Invidio a volte il contatto che prima l'uomo aveva col mondo. Il fatto di sentire il clima che cambia, di leggere il cielo e il movimento delle nuvole, il vento che arriva, il sole che comincia a scaldare. Di capire quando è ora di girare la terra, di seminare, di bagnare una pianta e poi di potarla. La non necessità di andare al supermercato ma di produrre tutto, o quasi, a casa.

venerdì, giugno 04, 2010

Stare distesi sul proprio divano, con gli occhi chiusi e la tv spenta qui nella mia città è diverso da qualsiasi altro posto.
Ad esempio a Granada ci sarebbe il rumore delle macchine: si fermano al semaforo, finestrini giù, musica alta, VERDE, suonano a quello che sta davanti e non si sbriga, ripartono e si allontanano rumorosamente. Forse una donna urlerebbe qualche parola a metà, poco fine a qualche uomo, per sbatterlo fuori dal suo locale di signorine. Forse, se fossero le due di notte, passerebbe un simpatico camion dei rifiuti per raccogliere il vetro. O forse qualche ubriaco canterebbe una canzone molto conosciuta dopo una lunga serata di musica e chiacchiere, tante chiacchiere ad altissima voce, in un locale strapieno di gente, di cerveza e di Hola guapa, que pasa? O forse l'inquilino di sopra si starebbe divertendo a letto con qualcuna, senza prestare molta attenzione al cigolio delle molle del letto e ai colpi della testiera contro il muro. O meglio ancora, il ragazzo che vive nella stanza a fianco, dopo aver lavorato tutta la notte in un bar tornerebbe a casa con due ragazze che quella sera avevano voglia di uscire con i pattini a rotelle e perchè non tenerseli anche in casa, si scivola meglio d'altronde.
A Granada sarebbe un concerto di rumori senza pudore, senza cortesia, sono suoni che arrivano direttamente dalle viscere della terra, dal sangue della gente, dalla forza dei corpi e dalla prepotenza delle lingue. Dalla voglia spudorata di vivere.

Se fossi distesa su un materassino infilato in una tenda di un campeggio si sentirebbe il rumore del vento e del mare, il profumo di crema solare, di sabbia bagnata, di sale, di pelle abbronzata. Al mattino si sentirebbero scorrere le cerniere delle tende, una dopo l'altra: le persone cominciano a chiacchierare sottovoce, ma si sente lo stesso tutto, così sai tutti i programmi della giornata dei tuoi vicini di tenda. Si sentirebbe il furgoncino del pane e delle brioche e il profumo che si porta dietro: passa per la strada sterrata, suona una volta, apre e aspetta. E la gente si avvicina, il ticchettio delle monete, i saluti e di nuovo indietro con il rumore dei sacchetti di carta. Poi rumori di scodelle, piatti, pentole che sbattono nelle bacinelle, dalla tenda ai lavandini comuni e dai lavandini alle tende. Processione di stoviglie che permette di conoscere, di comunicare con chi come te ha il compito di lavare quel giorno. Poi silenzio, si sentono solo le cicale (sono cicale?) fra gli arbusti bruciati dal sole, nelle ore più torride della giornata.
In campeggio si sente il rumore della vacanza, rumori semplici, lenti, comuni, che quando torniamo in città scordiamo nel giro delle prime 24 ore.

Apro gli occhi. Sono qui a casa mia. E quasi non mi accorgo dei rumori perchè ci sono abituata. Però mi confortano: gli uccellini cantano dai loro nidi costruiti sugli alberi qui di fronte. A volte un cane abbaia, chissà perchè, magari ha visto un altro cane, magari chiama il padrone, ha fame, vuole uscire, chi lo sa. Le macchine passano lontane, ma scivolano sulle strade, non suonano quasi mai. A volte qualcuno alza la voce da qualche appartamento e con le finestre aperte si sente: due che litigano, un papà che sgrida i bambini, una figlia che sgrida un papà anziano, un'adolescente che urla alla sorellastra più piccola. Ma dura poco, poi tutto ritorna morbido, senza troppi accenti. Tutto calmo.
C'è una cosa però che a volte sconvolge la quiete: il figlio di quelli di fronte che si apposta sul balcone e spara con un mitra finto, ma con un rumore VERO, alla gente che passa.Ti senti accerchiato. Ma veramente spassoso.
E' tutto talmente calmo che quando c'è un rumore più alto del normale tutti quelli della via si affacciano dalla finestra, tutti a vedere cosa mai sarà successo.
Tutti cortesi, ma tutti curiosi!

venerdì, maggio 14, 2010

La felicità è qualcosa di molto sottile, quando ti sembra di tenerla bene stretta fra le mani può capitare che dopo poco ti sfugga. Perchè la felicità è data da quello che vogliamo, che desideriamo intensamente, ma che spesso non conosciamo neanche. Cioè, il nostro inconscio lo sa ma noi no.
Siamo esseri che vagano nel caso quasi totale e non per forza è una cosa negativa, solo che è così e basta. E quindi quando pensiamo di volere una cosa e facciamo di tutto per averla poi ci rendiamo conto che era solo un abbaglio. Allora guardiamo da un'altra parte.
Mi fa specie vedere le foto di gente che sorride sempre, gente che si abbraccia, che sembra divertirsi, amarsi, stare davvero bene, che sembra aver trovato la propria felicità e che lo vuole dire a tutti.
Credo invece che la felicità non si possa spiegare, che quando la trovi davvero te la tieni stretta dentro perchè se la fai uscire poi rischi di perderla, di farla scivolare dalle mani. Ci vuole un po' di concentrazione con la felicità, perchè quando hai capito che finalmente l'hai trovata, te ne devi ricordare sempre, anche nei periodi brutti.
Ci sono vite infelici perchè non pensano di essere degne di esserlo. Poi ci sono le vite superficiali, quelle che non si chiedono neanche quale sia la loro personale felicità, ne prendono una a caso, che magari non è la loro, ma dei genitori, del compagno/a o di chissà chi. E poi ci sono quelle complicate che cercano, forse troppo, e non trovano.

martedì, aprile 20, 2010

Penso che in fondo Dio sia la parte buona della coscienza che ognuno di noi possiede. Voglio dire che ogni individuo nel mondo, al di là della fede religiosa, abbia dentro di sè un'anima buona e una cattiva. Ecco, Dio è la parte buona dell'anima. E' la viva personificazione della coscienza che ti dice di comportarti bene e di avere valori nobili.
Non so se Dio sia la coscienza o il contrario, cioè se la coscienza sia il Dio che ognuno ha dentro di sè.
Ma mi chiedo che differenza ci sia fra il sentirsi in colpa o in pace con la propria coscienza (e quindi la parte buona di noi stessi) e l'esserlo con Dio.

martedì, aprile 13, 2010

Ti ho incontrato quando avevo 14 anni, al mare. Ti ho parlato una o due volte. Ma le persone che hanno la luce negli occhi si riconoscono subito.
Ti ho scritto, una volta in città. E tu mi hai risposto. Così siamo andati avanti due anni. Una volta sono anche venuta a trovarti.
Eri allegro, mi parlavi dei tuoi sogni, grandi cose, grandi viaggi. Volevi guidare aerei. Io invece sognavo te, o uno come te.
Poi stop.

Dopo cinque anni ti telefono. Per te sono stati anni intensi: sei un pilota, hai una moglie e una figlia. Hai paura che io voglia qualcosa da te. No, non voglio niente. Solo che sto facendo i conti con me stessa e con la mia vita e tu eri ancora una parentesi aperta. La volevo solo chiudere. Ma mi fa piacere che tu abbia fatto "grandi cose" così come ti aspettavi.
Poi stop.

Passano nove anni e girovagando su internet vedo delle foto che hai scattato dal tuo aereo. Montagne, nuvole, mari, luoghi molto lontani che non ho mai visto. Penso che in fondo non sei cambiato, che nella tua anima ci sia sempre molto stupore e allegria per la vita.

Senza che tu lo sappia sei stato un amico e questo è l'unico modo per dirtelo.

martedì, marzo 23, 2010

Non mi capitava da un po' di vedere un film e di sentirmi in subbuglio.

E' un film molto ricco l'ultimo di Ozpetek, ne escono un sacco di cose.

Ad esempio che la vita è fatta da una trama densa di rapporti: d'amore, di amicizia, di famiglia. E che spesso la storia di ognuno è determinata dai movimenti di questa trama: basta che si sposti, anche di poco, uno questi tasselli e tutti gli altri si spostano di conseguenza, come un domino. Le nostre decisioni, piccole o grandi, i nostri movimenti o scelte possono essere determinate dai movimenti o dalle parole di chi ci sta vicino.
Se Tommaso non fosse tornato a casa a trovare la famiglia, Antonio non avrebbe fatto outing e al padre non sarebbe venuto un infarto. Se Marco non fosse andato a cercare Tommaso magari alla fine lui si sarebbe dimenticato delle sue vere passioni e non sarebbe più tornato a Roma.
Non siamo noi da soli che ci muoviamo nel mondo, spesso siamo aiutati dagli eventi o anche solo da piccole semplici parole degli altri.

E poi mi ha fatto pensare a qualcosa di molto piccolo ma intenso che è quella minuscola parte che è all'interno di ognuno e che costituisce il nucleo centrale, l'essenza di quello che siamo. Questa parte è tanto piccola quanto importante, ma proprio perchè è piccola e ineffabile spesso la perdiamo. Senza accorgercene ce la dimentichiamo sotto il cuscino, fra le borse della spesa, fra i doveri di ogni giorno. Non so. Fatto sta che andiamo avanti senza il nostro nucleo centrale che ci fa sentire noi stessi fino a quando a volte ne avvertiamo un lontano richiamo e se facciamo ancora in tempo ce la possiamo riprendere. Spesso però ce la ricordiamo a stento, come quando vediamo una persona, il viso ci ricorda qualcosa ma non possiamo dire dove e come l'abbiamo conosciuta. Ed è un vero peccato!

mercoledì, febbraio 24, 2010

Una delle strane cose che Facebook ti permette di fare è quella di essere indiscreto. E allora quando ti capita di rivedere in quel luogo virtuale delle persone che appartengono alla tua infanzia è un po’ uno shock. Nella tua mente sono ancora piccole. E quando a volte pensi ad esempio alle elementari quelle persone per la tua mente sono rimaste così. Le rivedi ancora con il grembiule, magari qualche banco davanti a te, con il cerchietto e la maglietta dei Puffi.

Invece no, sorprendentemente sono cresciute anche loro. Mentre tu crescevi, crescevano anche loro. E chissà come. Avranno avuto altri compagni di scuola, dei fidanzatini, delle storie, qualche disavventura e magari sono cambiati, sono più o meno maturi. Non è tanto quello che sono diventati che mi spiazza, ma quello che è successo loro dal momento in cui li hai salutati alla fine di quel percorso scolastico. In quel momento non pensavi a salutarli affettuosamente perché la tua vita si sarebbe per sempre separata dalla loro. Non gli hai augurato buona fortuna, non gli hai detto addio. Però poi da quel momento ognuno ha proseguito da solo, chissà chi ha incontrato ognuno di loro negli anni dopo, se qualcuno gli ha cambiato la vita, se qualcuno gli ha mostrato nuovi modi di vedere il mondo, se si sono ricreduti su alcune cose, se si sono pentiti di altre. Chissà, da quel momento in poi, quali sono stati i loro sogni, se li hanno realizzati o se li stanno ancora inseguendo. Ti sembra di conoscere moto bene queste persone, ma forse sono diventate più complesse, più ricche di esperienza, con un bagaglio di vita maggiore.

In fondo poi non mi piacerebbe fare una di quelle rimpatriate dove finisci per raccontare la tua vita in cinque minuti, fra uno scherzo e un altro. Il ricordo è bello in quanto tale. Perché è rimasto identico a se stesso, non è cambiato nel tempo. Quei bambini che si scambiavano le figurine ci saranno per sempre e non vorrei sparissero sapendo che uno di loro si è sposato o peggio che magari si trova in qualche guaio. Saranno per sempre belli, innocenti, con un futuro incerto, ancora da scoprire, ancora da sognare. Davanti a loro c’è una vita intera e tutte le possibilità sono aperte. Per ora pensano solo a giocare e ai loro piccoli, grandi problemi di ogni giorno.

sabato, gennaio 30, 2010

Non stancarti di dirmi che mi vuoi bene.
Non stancarti di baciarmi, di passarmi la mano fra i capelli, di guardarmi negli occhi.
Non stancarti di parlare con me.
Perchè l'amore non è regalare un anello, una borsa, un cellulare, ma saper comunicare e condividere la propria vita con un'altra persona.
Voglio vivere di poesia e la poesia è stare in casa e guardare i fuochi d'artificio in giardino,
camminare di sera in una città piena di luci e di gente ordinata,
leggere un libro, guardare un film e parlarne fino a quando non si è detto tutto.
La verità della vita sta nelle piccole cose,
e non nelle grandi cose di cui inutilmente ci circondiamo: la macchina grande, la casa in centro, la televisione 1000 pollici, il ristorante al sabato sera.
A volte è necessario stare in silenzio per guardarsi intorno e dentro di sè e scoprire che la felicità non è scontata ma bisogna volerla e cercarla.

mercoledì, gennaio 27, 2010

Leggo un libro e rifletto:

è vero. Capita a volte che uno si possa sentire come in trappola.
Apparentemente hai un lavoro stabile, una famiglia a posto(marito o moglie, figli), una casa, i genitori vicini. Tutto perfetto. A quanto pare. Però ti senti chiuso. Vorresti scappare, fuggire, aneli la libertà. Ma la libertà da cosa? In realtà, spiega l'autore del libro, questo è il risultato del non essere stati fedeli a se stessi.
Cioè, arriva sempre un momento nella vita in cui devi far una scelta decisiva. Ecco, questa scelta dev'essere vera, vera per te, sincera nei tuoi confronti. Se in quel momento tu menti a te stesso, prima o dopo ti senti come soffocare. E' vero.
Invece bisogna fare di tutto per avere una "Vita autentica" (titolo del libro) ma non tanto per amore di convinzioni esterne ma piuttosto interiori. Vito Mancuso cita Shakespeare e dice: "Questo soprattutto: sii sincero con te stesso, e ne seguirà come la notte al giorno che non potrai essere falso con nessuno" (da Amleto)
In tutto questo però nulla rimane fermo. Tutto è sempre in movimento. Ciò che dev'essere stabile allora dev'essere la tua prospettiva di vita, non in senso pratico, ma in senso morale appunto.
Apprezzo del libro un mix equilibrato fra teologia e filosofia.
E allora io a questo punto vorrei mettere da qualche parte i miei valori. Io li ho, vengono da lontano, forse dalle campagne vercellesi, dalle risaie, dalla vita faticosa ma felice; vengono da gente semplice ma buona, dalla schiettezza e dall'educazione; dall'umiltà e dall'impegno.
Ecco, so da dove vengono ma non so dove metterli concettualmente e non so dove mi porteranno.
Vedremo:-)