martedì, giugno 23, 2009

Pomeriggio presto di metà giugno.
Un aula con quattro cabine. Tre urne. Ai muri ancora l'alfabeto per i bambini di una prima elementare che adesso si staranno gedendo le meritate (o non meritate) vacanze.
Noi invece siamo qui, ad aspettare un numero di elettori che dia senso al nostro lavoro ma che non arriverà mai. C'è molta tranquillità. O forse bisognerebbe chiamarla indifferenza o leggerezza o senso di impotenza, ognuno troverà il termine più giusto per giustificare il non essere andato a votare.
Sta di fatto che noi oggi dobbiamo stare qua. E nella noia di una giornata che sarà ricordata solo per la triste bassa affluenza di elettori, accanto a me c'è un uomo, un lettore di quotidiani di un'altra generazione che sfoglia il giornale.
Ma la sua non è solo una lettura...è un rito. Una pagina dopo l'altra, i movimenti sono sempre identici: girare la pagina, piegare il giornale, con un rapido e deciso movimento della mano sistemare il foglio, che non deve mai essere in disordine ma sempre in linea con gli altri che stanno sotto, alzare un po' la parte superiore del giornale e via a leggere. Si intuisce da parte di questo lettore un certo piacere in questi gesti perchè la cosa che più stupisce è che arrivato alla fine del giornale e dopo una pausa, il rito ricomincia da capo per una seconda lettura.
D'altronde oggi non c'è fretta. Il tram tram quotidiano in questi giorni è sospeso. Tutto va più al rallentatore.
Nella lentezza di queste giornate ti accorgi di quanti piccoli gesti ti puoi perdere in un giorno qualsiasi, di quante piccole grandi azioni potresti compiere e invece non lo fai, perchè hai fretta e devi correre, devi andare al lavoro e poi tornare a casa e fare da mangiare o stirare e controllare la mail e poi fare la spesa e di corsa a letto.
E allora non hai tempo di leggere, di guardare fuori dalla finestra, di fare due parole col vicino di casa (che neanche conosci), di fare una passeggiata per il viale.
E sei troppo distratto per accorgerti che le rose stanno fiorendo e che l'aria è troppo inquinata, che la tua compagna si è tagliata i capelli per te e che ha voglia di parlarti o semplicemente abbracciarti, che il tuo cane vuole giocare con te e tu neanche lo accarezzi.
E la vita ti scivola fra le dita e tu non ti accorgi neanche di averla vissuta.

p.s. per fortuna siamo ancora in tempo per evitare tutto questo:-)

giovedì, giugno 18, 2009

La felicità si assapora da dentro.
La felicità vuol dire essere liberi di sentirsi se stessi, di scegliere liberamente le parole che si vogliono usare, di camminare o di stare fermi nel momento in cui si ritiene sia più giusto.
Bisogna sentirsi liberi di arrabbiarsi ma anche di stare in pace, di viaggiare o di dormire, di mangiare o di digiunare.
A volte alcune libertà sono apparenti o a volte non si ha la stessa idea di libertà.
E allora ricomincio da qua. Dalla libertà. E dalla felicità.