venerdì, giugno 04, 2010

Stare distesi sul proprio divano, con gli occhi chiusi e la tv spenta qui nella mia città è diverso da qualsiasi altro posto.
Ad esempio a Granada ci sarebbe il rumore delle macchine: si fermano al semaforo, finestrini giù, musica alta, VERDE, suonano a quello che sta davanti e non si sbriga, ripartono e si allontanano rumorosamente. Forse una donna urlerebbe qualche parola a metà, poco fine a qualche uomo, per sbatterlo fuori dal suo locale di signorine. Forse, se fossero le due di notte, passerebbe un simpatico camion dei rifiuti per raccogliere il vetro. O forse qualche ubriaco canterebbe una canzone molto conosciuta dopo una lunga serata di musica e chiacchiere, tante chiacchiere ad altissima voce, in un locale strapieno di gente, di cerveza e di Hola guapa, que pasa? O forse l'inquilino di sopra si starebbe divertendo a letto con qualcuna, senza prestare molta attenzione al cigolio delle molle del letto e ai colpi della testiera contro il muro. O meglio ancora, il ragazzo che vive nella stanza a fianco, dopo aver lavorato tutta la notte in un bar tornerebbe a casa con due ragazze che quella sera avevano voglia di uscire con i pattini a rotelle e perchè non tenerseli anche in casa, si scivola meglio d'altronde.
A Granada sarebbe un concerto di rumori senza pudore, senza cortesia, sono suoni che arrivano direttamente dalle viscere della terra, dal sangue della gente, dalla forza dei corpi e dalla prepotenza delle lingue. Dalla voglia spudorata di vivere.

Se fossi distesa su un materassino infilato in una tenda di un campeggio si sentirebbe il rumore del vento e del mare, il profumo di crema solare, di sabbia bagnata, di sale, di pelle abbronzata. Al mattino si sentirebbero scorrere le cerniere delle tende, una dopo l'altra: le persone cominciano a chiacchierare sottovoce, ma si sente lo stesso tutto, così sai tutti i programmi della giornata dei tuoi vicini di tenda. Si sentirebbe il furgoncino del pane e delle brioche e il profumo che si porta dietro: passa per la strada sterrata, suona una volta, apre e aspetta. E la gente si avvicina, il ticchettio delle monete, i saluti e di nuovo indietro con il rumore dei sacchetti di carta. Poi rumori di scodelle, piatti, pentole che sbattono nelle bacinelle, dalla tenda ai lavandini comuni e dai lavandini alle tende. Processione di stoviglie che permette di conoscere, di comunicare con chi come te ha il compito di lavare quel giorno. Poi silenzio, si sentono solo le cicale (sono cicale?) fra gli arbusti bruciati dal sole, nelle ore più torride della giornata.
In campeggio si sente il rumore della vacanza, rumori semplici, lenti, comuni, che quando torniamo in città scordiamo nel giro delle prime 24 ore.

Apro gli occhi. Sono qui a casa mia. E quasi non mi accorgo dei rumori perchè ci sono abituata. Però mi confortano: gli uccellini cantano dai loro nidi costruiti sugli alberi qui di fronte. A volte un cane abbaia, chissà perchè, magari ha visto un altro cane, magari chiama il padrone, ha fame, vuole uscire, chi lo sa. Le macchine passano lontane, ma scivolano sulle strade, non suonano quasi mai. A volte qualcuno alza la voce da qualche appartamento e con le finestre aperte si sente: due che litigano, un papà che sgrida i bambini, una figlia che sgrida un papà anziano, un'adolescente che urla alla sorellastra più piccola. Ma dura poco, poi tutto ritorna morbido, senza troppi accenti. Tutto calmo.
C'è una cosa però che a volte sconvolge la quiete: il figlio di quelli di fronte che si apposta sul balcone e spara con un mitra finto, ma con un rumore VERO, alla gente che passa.Ti senti accerchiato. Ma veramente spassoso.
E' tutto talmente calmo che quando c'è un rumore più alto del normale tutti quelli della via si affacciano dalla finestra, tutti a vedere cosa mai sarà successo.
Tutti cortesi, ma tutti curiosi!