giovedì, dicembre 14, 2006

Dire o non dire? Parlare agli altri delle nostre impressioni o no?

Due giorni fa vado al cinema, non quello "normale", ma a una cinerassegna. Il film (Whisky) ha come protagonisti un uomo e una donna sui 50 anni. Sud America, ma poteva essere qualsiasi altro posto nel mondo. Tutti e due soli nella loro quotidianità: al lavoro, al cinema, sull'autobus o in macchina, al bar...sempre soli. Lui abitudinario e incapace di comunicare sentimenti, lei sola ma non per scelta, sognatrice. Lei cerca di avvicinarlo, di unire quelle due vite così isolate per trovare un po' di compagnia, di felicità. Lui non "coglie" o non vuole, o, più probabile, non riesce ad uscire da quella voragine di solitudine, di chiusura. Finale: lei conosce il fratello di lui e trova una veloce ma consolatoria e piacevole compagnia e poi si fa un viaggio di "rinascita"; lui contiunua la sua monotona e solitaria vita, legato alle abitudini e alla solitudine, forse un po' più triste di prima (?).

Mi chiedo: Perchè lui non vuole comunicare?

Poi esco dal cinema, parlo del più e del meno con alcuni amici. In particolare ce n'è uno che mi riporta immediatamente al film. Spesso ho l'impressione che voglia parlare di se stesso, della sue cose, ma poi alla fine cambia idea. Sarà un'impressione o è così? E soprattutto è giusto dirglielo?
Alle persone spesso non fa piacere parlare di se stesse. A volte ottieni l'effetto contrario, si allontanano.
Ci penso e ci ripenso ma come al solito rimango nel limbo dell'irresolutezza. Dire o non dire, comunicare o non comunicare...(potrebbe essere l' "essere o non essere" dei nostri tempi).
Senza accorgermene cado nella stessa trappola: non dico quello che vorrei. Forse per paura. Ma a volte rischiare non è facile.
Adesso capisco l'uomo di quel film...

mercoledì, novembre 29, 2006

Piano piano diventiamo ombre di noi stessi.
Estranei a quello che eravamo,
il volto si fa opaco,
davanti a noi le forme cambiano.
Il mondo cambia con noi,
immerso in una nube di non-sensi,
di irregolarità, di spigolature.
La paura e la voglia di partire
si fondono al dolore della futura mancanza.
E allora la vita diventa una triste e lunga attesa.

giovedì, novembre 23, 2006

Apro la posta e ricevo tre mail.
Tre risposte a "lettere" che ho mandato ieri (la velocità con cui ti risponde una persona è indicativa: se ci tiene a raccontare, a farti sapere penso sia già un ottimo segno).
Tre vite lontane da me.
Tre cuori che in questo momentono battono per motivi diversi.

M.G. era un'amica "del cuore" delle elementari. Non l'ho più rivista fino a poco tempo fa. Ma nulla è cambiato, l'affinità è tornata in due minuti. Mi racconta che adesso si occupa di arte, fa sculture. Però decide di passare l'inverno a Londra. Intanto, mi dice, per battere i denti qui, vado un po' là...niente da dire effettivamente. Allora gli do il numero di telefono di un mio cugino inglese, J., così magari le può dare una mano. Mi piace l'idea che due persone care si possano fare compagnia.
Anche J. si occupa di arte, dipinge.
Penso che i due possano trovarsi bene insieme, chissà che altro.
Entrambi mi scrivono da Londra. Il loro primo incontro sarà giovedì. oggi. Lei, per non sbilanciarsi, mi dice che è contenta di verderlo per parlare un po' inglese. Lui mi dice che è un po' nervoso perchè dalla mia descrizione sembra una persona interessante. E sicuramentente lo sarà per lui...
Lei si congeda dalla mail mandandomi "un sorriso" (strano, non mi era mai capitato, ma bello, me la immagino mentre mi sorride).
Lui mi saluta con un "take care". Ok, penso, cercherò di prendermi cura di me stessa, di trattarmi bene.

E poi l'ultima mail arriva da molto lontano. R. è nel cuore dell'Africa, perchè, mi dice, quello è il suo cuore. Attraverso le sue parole, il posto in cui sta vivendo diventa nella mia testa un paradiso, "una meraviglia", come dice lei. E allora mi chiedo come mai a volte si nasca nel posto sbagliato, come mai si è costretti a scegliere, a far soffrire chi ti sta intorno per seguire il proprio cuore.
E io penso che alla fine, in mezzo a questa nebbia, non ci sto poi così tanto male. A volte ti svegli e non vedi dall'altra parte della strada:-) ma perchè verderci sempre chiaro? Puoi immaginare che lì al posto della solita casa ci sia un castello, o una spiaggetta deserta (improbabile, ma possibile).

E io da qui raccolgo le loro emozioni. Mi immagino M.G. alle prese con una nuova lingua, alla ricerca di un lavoro diverso dal suo. La vedo attraversare la metropoli avvolta nel suo cappotto o in quei maglioni larghi che porta spesso, in quel freddo, che lei dice essere tutto sommato piacevole.
E poi immagino J. che nella routine di tutti i giorni a volte si distrae e immagina a come può essere la mia amica di infanzia. La pensa come l'ho descritta io: alta, con i capelli corti, molto carina, interessante. E poi forse spera, in fondo al suo cuore, che qualcosa possa nascere. Che qualcuno abbia voglia di donargli un po' di calore dall'Italia, dalle sue origini, in quel paese a volte così freddo, in quella città con troppa gente.
E alla fine sono contenta se penso a R. che finalmente ha trovato il suo "posto", che sorride se pensa alla sua vita. A volte forse chiude gli occhi, fa un lungo respiro e in un attimo tutta l'Africa è dentro di lei. E poi li riapre e decide che quel giorno vorrà aiutare anche gli altri ad essere felici, forse, semplicemente, donando tanto amore.

venerdì, novembre 10, 2006

E poi un giorno il vento cambia,
per un attimo tutto si ferma
solo qualcosa di molto veloce e leggero si muove.
Scricchiolando procedono instancabili
mille e colorate,
solitarie o in gruppo,
sotto l'ultimo, tiepido sole.

È la fine della stagione malinconica,
incerta, pensierosa,
mentre nell'aria arriva già
il profumo della stagione decisa,
cristallina, bianca,
a volte opaca,
in questa grande palude
di acque squadrate.