lunedì, settembre 24, 2007

A volte torna
Per lei che ancora c'è

E' una settimana di quelle che ti succhiano l'anima, immersa fra mille libri, mille pensieri e mille preoccupazioni. I miei non ci sono, la casa, i cani, lo studio...Poi una telefonata. E' una signora che cerca una certa Pepa...no, le dico, forse ha sbagliato numero. No, non credo, mi dice, mi hanno dato proprio questo. Intanto mi parla e la sua voce non mi sembra più così estranea. L'accento comincia ad essere più familiare e finalmente ci arrivo: la signora mi chiama da Nonantola, il paese dov'è nata mia nonna, vicino a Modena.
Mi spiega che il giovedì sarebbero venute su un gruppo di mondine, amiche di mia nonna Pina, che per loro è Pepa (quanti nomi per una persona: Pina, Pepa, Giuseppina, Pina conegrina - perchè mio nonno vendeva prodotti per la casa- un nome diverso per ogni persona che ti conosce, tanti nomi, tanti io? Mah...), e avrebbe fatto piacere a tutte vedere me o mia mamma. Mia mamma non c'è, le dico. Allora vieni tu! mi risponde.
Metto giù e faccio un salto nel passato. L'anno scorso, in questo periodo, era andata mia nonna ad accoglierle e probabilmente si erano commosse ricordando i belli ma anche faticosi tempi passati. La povertà, la miseria, come diceva lei, sempre a piedi scalzi, o in mezzo ad una risaia dura, sotto il sole, le zanzare, qualche biscia. Avanti e indietro con la bici, così giovani e lontane da casa (da Nonantola a Vercelli), dalla mamma he piangeva per loro, dagli ambienti familiari, dall'affetto di una terra accogliente, di una paese vivo e solare, dalle musiche allegre. Eppure erano bei tempi, diceva: le risate, i canti, gli amori, le amicizie forti, intense. Tutte donne, solidali tra loro, perchè non avevano niente da perdere e niente da guadagnare. Erano una grande famiglia. E adesso questa famiglia cerca me.
Allora il giorno stabilito mi presento: sono tantissime e mi accolgono come se fossi mia nonna, a braccia aperte, mi baciano, mi abbracciano, mi danno dei fiori da portare lì, dove adesso la loro compaesana riposa. Si commuovono vedendomi e io sono contenta di parlare con delle amiche care di mia nonna che in un attimo sono diventate anche amiche mie. Mi cantano una di quelle canzoni che accompagnavano le loro giornate nei campi e intanto mi guardano. Mi commuovo e penso che è incredibilmente bello quanto una persona si possa lasciare dietro, quanto la sua vita possa continuare ad esserci ancora dopo la morte. Perchè lei in quel momento è fra loro, nel loro canto, nelle loro parole, nei loro pensieri, sul mio viso, nel mio cuore, nell'aria di questo grande salone pieno di amiche, di bellissime donne che la ricordano insieme a me.
Poi le saluto, con sincero affetto, ed esco. Sistemo il vasetto di fiori nel cestino della mia bici e mi giro a guardarle dalla finestra. E una è lì che mi guarda, mi saluta ancora una volta, con gli occhi pieni di lacrime. Per una attimo tutti i pensieri pesanti mi hanno lasciato, il loro affetto, dono di mia nonna, mi ha fatto respirare leggerezza. Le sorrido e poi vado verso casa, felice che sia tornata a trovarmi.

1 commento:

Rendl ha detto...

Non trovo le parole. Mi hai commosso. Ed è vero: è incredibile quante cose ci (e si) lasciano dietro le persone care che non ci sono più (ma qualcosa resta, un gesto, un sorriso, queste amiche di cui parli, una foto, un ricordo, la forma del viso, l'intonazione della voce...), consolazioni per noi che restiamo...in attesa di far parte anche noi del mondo dei più (forse un mondo molto più accogliente di come la Chiesa o l'immaginazione popolare ce lo presenta).